giovedì 11 dicembre 2014
mercoledì 10 dicembre 2014
BASILICATA
tutti i video dei comuni di Matera-Basilicata.
Tutti i video dei comuni di Potenza-Basilicata
https://www.facebook.com/notes/basilicata-perla-dei-sassi/video-potenza-e-provincia/886270091397533
MARATEA
MARATEA
Maratea, antica città del Golfo di Policastro di epoca greca, è il solo tratto della Lucania sul mare Tirreno, dove si estende per circa 30 km, spettatrice e artefice di una costa incantevole, variegata di scogli e secche, d'insenature e grotte, di grandi e piccole spiagge e merlettata di pini, ulivi, querce, carrubi ed elci.
La secolare vegetazione, che si adorna di selvaggi cespugli di rosmarino, mirto o ginestra, insegue le pendici dei circostanti monti, ora stagliantisi sul mare con la solennità degli abissi, ora degradanti sinuosi fino a sbiancarsi nella giogaia appenninica. Arroccato su un fianco del Monte San Biagio, Maratea, sotto il drappo vetusto dei rossicci tetti, snodando i vicoli per gli antichi archi e le consunte scalinate, si protende verso il mare, sulle cui acque trasparenti e cangianti di mille colori, dallo smeraldo al turchese al pervinca, si spengono gli infuocati tramonti.
Tra le quinte di un pugno di case di pescatori, acchiocciolate sull'acqua, il Porto, rifugio dei vecchi pescherecci e delle moderne barche, raccoglie le voci e i suoni di un turismo di classe, sotto lo sguardo del Redentore che sembra orchestrare, nella sua tunica bianca, il suggestivo spettacolo della natura.
A rendere Maratea ancora più incantevole è la grande scelta per la ricettività.
Situata nell'antica Maratea Superior , anche detta Castello, opera dello scultore fiorentino Bruno Innocenzi (Firenze 1906-1986) e voluta dal Conte Stefano Rivetti di Valcervo, la statua fu innalzata nel 1965 sulla sommità del Monte San Biagio nel luogo in cui si ergeva una croce commemorativa in pietra.
Seconda come dimensioni solo al Cristo del Corcovado di Rio de Janeiro, la statua di Maratea è alta 21 metri., con una apertura di braccia di 19 metri. e un viso che ne misura 3.
La statua è stata realizzata in cemento armato rivestito da un impasto di cemento bianco e marmo di Carrara.
In virtù della particolare configurazione del volto , la statua , inconfondibile punto di riferimento per la gente di mare, dà l’impressione ad un osservatore lontano che lo sguardo sia rivolto, contrariamente alla realtà, verso il mare.
Il belvedere ai piedi della statua è il punto più panoramico di tutto il territorio di Maratea con una eccezionale vista del magico profilo della costa.
La statua presenta un vuoto tecnico interno utile per raggiungere la sommità del manufatto per i lavori di manutenzione , con scala a pioli , non utilizzabile per fini turistici.
La strada rotabile per raggiungere la sommità del monte è altamente spettacolare con tornanti finali che poggiano su piloni ad alcuni metri di altezza.
http://www.maratea.info/ ita_00002e.htm
MATERA
Seconda come dimensioni solo al Cristo del Corcovado di Rio de Janeiro, la statua di Maratea è alta 21 metri., con una apertura di braccia di 19 metri. e un viso che ne misura 3.
La statua è stata realizzata in cemento armato rivestito da un impasto di cemento bianco e marmo di Carrara.
In virtù della particolare configurazione del volto , la statua , inconfondibile punto di riferimento per la gente di mare, dà l’impressione ad un osservatore lontano che lo sguardo sia rivolto, contrariamente alla realtà, verso il mare.
Il belvedere ai piedi della statua è il punto più panoramico di tutto il territorio di Maratea con una eccezionale vista del magico profilo della costa.
La statua presenta un vuoto tecnico interno utile per raggiungere la sommità del manufatto per i lavori di manutenzione , con scala a pioli , non utilizzabile per fini turistici.
La strada rotabile per raggiungere la sommità del monte è altamente spettacolare con tornanti finali che poggiano su piloni ad alcuni metri di altezza.
http://www.maratea.info/
MATERA
Il territorio di Matera fu abitato sin dal paleolitico come dimostrano i numerosi reperti custoditi presso il Museo archeologico nazionale “D. Ridola”. Nell’età dei metalli i rioni sassi risultano già ampiamente urbanizzati nuclei sparsi. La città comincia a vivere il suo medioevo con l’arrivo dei Longobardi. Il Duca Romoaldo, minacciato da Costanzo, Imperatore di Costantinopoli, nell’anno 612 la dotò di mura di cinta e la chiamò Materia, per l’abbondanza del “materiale” ligneo di uso domestico utilizzato per alimentare i forni pubblici. Nell’anno 994 la città subì il feroce assedio dei Saraceni e fu distrutta. Il primo Conte normanno della città fu Guglielmo, figlio maggiore di Tancredi, conte d’Altavilla, che prese la città nell’anno 1042. InviaSeguì il dominio dei Conti Loffredo, sotto i quali, come ci racconta il Tasso nella “Gerusalemme Conquistata”, 500 cavalieri Templari di Matera partirono crociati in Terra Santa. È una nobile storia quella di Matera. Sin dal tempo degli Svevi e degli Angioini, i materani vollero essere liberi, cioè senza Baroni e alle dirette dipendenze del Re, così che quando gli Aragonesi nel 1497 vendettero la città al Conte Giancarlo Tramontano, maestro di Zecca di Napoli e Dell’Aquila, essi si riscattarono uccidendo in rivolta l’inviso feudatario. Nel 1663 divenne Capoluogo della Basilicata ma nel 1806 il Re Giuseppe Bonaparte trasferì a Potenza la guida della Regione. La città non fu estranea ai moti che portarono all’Unità d’Italia e può vantare tra i suoi cittadini Giambattista Pentasuglia, Tenente Colonnello di Garibaldi, medaglia d’oro al patriottismo, che tanta parte ebbe nella riuscita della spedizione dei Mille. InviaLa città fu elevata a Capoluogo di Provincia nel 1927. Il nucleo più antico è la Civita, sviluppatosi in posizione dominante e facilmente difendibile. Ai lati due borghi abitati: il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso che si affacciano a picco sul torrente Gravina. Un groviglio di case e di grotte, disposte su vari livelli, così che il tetto di una abitazione funge anche da strada del piano superiore e viceversa. Le case sono raccolte attorno ad uno spazio aperto comune, il vicinato con al centro la cisterna per la raccolta delle acque meteoriche. Questa antichissima forma insediativa considerata “vergogna nazionale” negli anni 50 e 60, simbolo del degrado del mondo contadino, fu abbandonata in seguito ad una legge speciale di risanamento, e gli abitanti trasferiti in nuovi rioni costruiti tra il 1953 e il 1968 secondo uno specifico e organico piano regolatore redatto dall’architetto Luigi Piccinato. Oggi numerosi sono gli interventi volti alla salvaguardia e al recupero funzionale degli ambienti. Dal 1993 i Sassi e la Murgia sono Patrimonio Mondiale dell’Umanità sotto la tutela dell’UNESCO.
Museo Nazionale d'Arte Medievale e Moderna della Basilicata
Il Museo è allestito in Palazzo Lanfranchi, edificio monumentale che, costruito tra il 1668 e il 1672 a ridosso dei Sassi è massima espressione dell'architettura del Seicento a Matera e rappresentò il punto di partenza dello sviluppo urbanistico barocco della Città. Il percorso espositivo del Museo è strutturato in quattro sezioni: Arte Sacra, Collezione d'Errico, Arte Contemporanea, e la sezione Etnoantropologica.
Arte Sacra: è esposto un nucleo di opere d'arte provenienti da chiese del territorio lucano, la maggior parte delle quali non ha più la collocazione originaria. Alle opere in esposizione permanente si alternano quelle concesse in prestito temporaneo dall'Ente Ecclesiastico, selezionate di volta in volta per sviluppare argomenti di particolare interesse e tracciare l'evoluzione artistica della regione Basilicata.
Collezione d'Errico: comprende una selezione di tele di scuola napoletana del Sei e Settecento - appartenenti all'Ente Morale Camillo d'Errico di Palazzo San Gervasio - importante testimonianza di collezionismo privato in Basilicata.
Arte Contemporanea: espone alcuni dipinti di Carlo Levi (Torino 1902- Roma 1975), di Luigi Guerricchio (Matera 1936-1996) e di Rocco Molinari (Acettura 1924).
Le opere di Carlo Levi sono la testimonianza del percorso stilistico, maturato dall'artista, e della sua stessa vita. Complessa e poliedrica figura di intellettuale, egli ha avuto grande rilievo nel panorama della cultura italiana del Novecento e per la storia della nostra regione.
Le opere di Luigi Guerricchio testimoniano la feconda attività di un artista che, utilizzando tecniche e materiali diversi, ha interpretato la cultura lucana della seconda metà del XX secolo.
Le opere di Rocco Molinari, una selezione di sculture e pannelli ad altorilievo in terracotta di proprietà statale, sono riferite alla civiltà contadina e alla festa del Maggio di Accettura.
Sezione Etnoantropologica: sono esposti oggetti della cultura materiale lucana, provenienti dalle prime raccolte di questi beni condotte nella regione dagli inizi fino agli anni sessanta del '900.
La Sala Levi, al piano terra di Palazzo Lanfranchi, accoglie il grande pannello 'Lucania '61' che Carlo Levi dipinse per rappresentare la Basilicata alla mostra delle Regioni allestita a Torino in occasione del centenario dell'Unità d'Italia.
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Matera, ovvero la Città di pietra, e più in particolare i rioni dei Sassi, costituiscono e rappresentano la simbiosi perfetta tra architettura e natura, tutt’uno forma e materia; è anzi architettura che diventa scultura, al pari delle “meteore” greche.
“L’equilibrio tra intervento umano e l’ecosistema mostra una continuità per oltre nove millenni, durante i quali parti dell’insediamento tagliato nella roccia furono gradualmente adattate in rapporto ai bisogni crescenti degli abitanti”. L’origine antichissima di questa città, prima greca poi romana con il nome Civita, sul cui perimetro si sviluppò la città medievale e che mantiene pressoché intatto il suo fascino discreto, ha subito per fortuna poche manomissioni; anzi proprio nella zona dei Sassi, a seguito del loro rilancio, dove sussisteva il pericolo del ricorso al caratteristico, al pittoresco all’ostentato povero, ci sono state alcune prove di giusto equilibrio tra conservazione ed innovazione e si auspica che questa tendenza continui.
Dal 1663 al 1806 è stata il capoluogo del Giustizierato di Basilicata nel Regno di Napoli. Durante questo periodo la città conobbe un'importante crescita economica, commerciale e culturale.
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La Cattedrale di Matera fu terminata nel 1270, ed edificata nella “civita”, il punto più alto e visibile della città ove sorse il primo nucleo abitato dei Sassi, sull’area di un monastero benedettino dedicato a S.Eustachio consacrato nel 1082, e, come si scoprì all’inzio del ’900 durante i lavori di costruzione per le fondazioni dell’adiacente palazzo del Seminario Arcidiocesano, fu costruita su un terrapieno artificiale per innalzare ulteriormente la sua posizione ( rimane visibile da tutti i punti della antica città e dalle campagne circostanti).
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http://www.sassiweb.it/
PISTICCI
Le frane
La storia di Pisticci è fortemente legata alle frane che più volte, nel corso del tempo, ne hanno modificato la topografia, la toponomastica e la storia.
Le principali cause sono dovute alla natura argillosa del terreno che predispone la collina su cui sorge l'abitato ad eventi di questo genere, che hanno interessato anche altri centri limitrofi, su alture con le stesse caratteristiche geologiche.
Tuttavia la causa riconosciuta come principale di tali eventi a Pisticci è il fosso detto "La Salsa", un piccolo torrente di acqua salmastra che scorre sotto i rioni del centro abitato più interessati dai movimenti franosi e a cui è stata imputata la destabilizzazione del terreno. Quest'ultimo è caratterizzato da una sedimento marnoso permeabile in superficie poggiante su uno strato argilloso impermeabile che, in occasione di abbondanti precipitazioni, tende a far "smottare" lo strato sovrastante.
Negli ultimi decenni, il disboscamento della collina circostante ha peggiorato la già grave situazione. In presenza di queste situazioni, ogni volta che si è verificato un evento atmosferico di particolare potenza e durata (forte e abbondante nevicata o alluvione) si sono verificati movimenti franosi della collina. Si può dire che tutto il territorio porta il segno di queste rovine: esempio ne sono "le mesole", terrazzamenti un tempo agganciati alla collina che sono collassati verso valle, in direzione del Cavone, sì da guadagnarsi quel nome che sembra appunto voler dire terre "a mezza altezza", tra il monte e il fondovalle.
Frana del 1555
È la prima frana registrata e documentata avvenuta a Pisticci. Franarono alcune case del rione "Casalnuovo" a seguito di forti piogge.
Frana del 1688
È la frana più imponente e che ha influito di più sulla struttura dell'abitato. Dopo un'abbondante nevicata, la notte del 9 febbraio 1688 (rimasta nella memoria collettiva come la "notte di Sant'Apollonia") il centro urbano di allora, costituito dai rioni "Terravecchia", "Casalnuovo" e "Loreto", si spezzò letteralmente in due parti ben distinte: tutto il rione "Casalnuovo" franò sotto il rione "Terravecchia"; il movimento franoso si fermò solo quando incontrò l'enorme mole della chiesa Madre, la cui zona delle fondamenta venne chiamata perciò "Palorosso".
Le vittime furono 400, vennero travolte case contadine ma anche palazzi gentilizi e tutta la piazza antistante alla chiesa Madre, che in quegli anni era il centro di tutte le attività del paese.
Per la ricostruzione, il conte De Cardenas propose un luogo di sua proprietà in contrada "Caporotondo", poco fuori l'abitato. Sperava così di rendere suoi affittuari tutti i pisticcesi, che tuttavia decisero di non abbandonare il colle, sia per il legame affettivo con il paese natale, sia perché avevano intuito il secondo fine[senza fonte].
Frana del 1976
Nel 1976, dopo circa tre secoli in cui non si registrarono eventi significativi, a seguito delle piogge di novembre franò una parte del rione "Croci"[4]. Tutta l'area interessata fu evacuata in tempo così non ci furono vittime né feriti.
I disagiati furono ospitati inizialmente nelle scuole del comune, in seguito furono assegnate delle case nella frazione Marconia. Alcune case del rione furono dichiarate inagibili e poi abbattute, altre furono rioccupate spesso abusivamente. Lungo tutta la sede della frana fu costruito un grande muro di contenimento in cemento armato. Ancora oggi l'ultima fila di case del rione sembra la strada di un paese fantasma, con case disabitate, case demolite solo a metà e porte che non danno sulla strada ma sono sospese in quanto dopo la frana la sede stradale si abbassò di qualche metro.
Oltre al rione "Croci" franò anche il muro a sostegno del sagrato della chiesa Madre (la stessa zona interessata dalla frana del 1688) e ancora una volta il movimento franoso è stato fermato dalla mole della cattedrale, che rimase con il portale principale sospeso nel vuoto fino alla ricostruzione della piazza e del muro.
La situazione attuale
A seguito dell'ultima frana Pisticci fu inserita dal Ministero dell'Interno nell'elenco dei comuni da trasferire altrove per dissesto idrogeologico; nacque allora una disputa sul da farsi con tre opzioni prevalenti:
- Il totale trasferimento della popolazione nella frazione di Marconia.
- La costruzione di una nuova città in prossimità della costa.
- Il consolidamento del centro storico con opere di contenimento e rimboschimento.
Fu la terza opzione quella preferita dalla popolazione, nonostante ciò l'emigrazione nella frazione Marconia non cessò. Furono fatte allora diverse opere di contenimento come muraglioni e i calanchi furono rimboschiti. Per molti anni un vincolo vietò la costruzione di nuove case e la sopraelevazione di quelle esistenti per evitare l'appesantimento del terreno. Questo vincolo oggi non sussiste più.
I primi insediamenti in territorio di Pisticci risalgono al X secolo a.C., ad opera degli Enotri, e sono testimoniati da diverse necropoli.
Successivamente l'area venne colonizzata dai Greci e Pisticci divenne un importante centro del territorio di Metaponto. Tra il V e il IV secolo a.C. vi visse e operò il cosiddetto Pittore di Pisticci, primo ceramografo italiota ad aver adottato in Magna Grecia la produzione di vasi a figure rosse.
Dopo la sconfitta di Taranto, Pisticci passò sotto la dominazione romana e diventò un importante centro agricolo.
Intorno all'anno 1000 i Normanni costituirono il feudo di Pisticci, posseduto in successione dai Sanseverino, dagli Spinelli, dagli Acquara e dai De Cardenas. Sempre nello stesso periodo, i Benedettini fondarono il cenobio di Santa Maria del Casale, poco distante dall'abitato, sui resti di un antico insediamento basiliano.
Nel 1565, in una località che dopo prenderà per questo il nome Scannaturchi, si combatté una battaglia tra pirati Saraceni e un manipolo eterogeneo di pisticcesi, professionisti, chierici e contadini[senza fonte]. In quei decenni le invasioni dei pirati furono molto frequenti e per questo venne costruita, nel territorio metapontino, una rete di torri di avvistamento.
Nel Seicento l'abitato contava circa 6000 abitanti[senza fonte] e comprendeva i rioni Terravecchia, Santa Maria dello Rito (oggi Loreto), Osannale, Santa Maria del Purgatorio e Casalnuovo. Nel 1656 Pisticci fu risparmiata dalla peste che imperversava nel Regno di Napoli e che aveva fatto strage nei paesi vicini; molti videro San Rocco sopra la parte più alta del paese nell'atto di benedirlo. Per essere stati risparmiati dalla peste, i pisticcesi lo proclamarono patrono[6].
La notte del 9 febbraio 1688, a seguito di un'abbondante nevicata, una frana di enormi proporzioni fece sprofondare i rioni Casalnuovo e Purgatorio, causando circa 400 morti. Dopo la frana la popolazione rifiutò l'offerta del conte De Cardenas di spostare l'abitato più a valle, dove sarebbero state costruite nuove abitazioni, ma in cambio gli abitanti avrebbero dovuto pagare tasse supplementari al conte. Sul terreno della frana furono quindi costruite 200 casette in filari, tutte uguali, bianche, a fronte cuspidata. Il nuovo rione prese significativamente il nome di Dirupo, a ricordo della frana.
Nei primi anni dell'Ottocento fu particolarmente cruenta l'azione del brigantaggio in tutto il territorio. Nel 1808 fu soppresso il regime feudale e nel 1861, entrata a far parte del regno d'Italia, Pisticci diventò municipio e il primo sindaco fu Nicola Rogges. A cavallo tra l'Ottocento e il Novecento si ebbe la prima grande ondata migratoria, soprattutto verso le Americhe.
Durante il periodo del fascismo, Pisticci concorse con Matera per divenire capoluogo provinciale, titolo che poi venne assegnato alla città dei Sassi nel 1927. Nel territorio di Pisticci fu realizzato dal regime un campo di confino per antifascisti, che furono impiegati per disboscare e bonificare la malarica e paludosa pianura metapontina. In onore di Guglielmo Marconi questo campo venne chiamato "Villaggio Marconi" ed oggi è la popolosa frazione di Marconia, che ospita circa la metà dell'intera popolazione comunale. La frazione si è molto sviluppata tra gli anni sessanta e settanta.
Come dopo la grande guerra, anche negli anni successivi alla seconda guerra mondiale ci fu una forte emigrazione verso il Nord America e la Germania.
Nel 1976, a seguito di forti piogge, franò una parte del rione Croci, a molti abitanti di quel quartiere fu assegnata una casa nella frazione Marconia, il che favorì la prima espansione della frazione. La successiva avvenne tra gli anni ottanta e i novanta dove molti rioni del centro storico subirono un notevole spopolamento, gli abitanti, infatti, preferirono trasferirsi nella frazione Marconia. In questi anni, la frazione Marconia, notevolmente cresciuta, ha iniziato ad aspirare all'indipendenza amministrativa.
Nei primi anni del XXI secolo, tuttavia, lo spopolamento del centro storico si è sostanzialmente fermato e il flusso demografico risulta in leggera controtendenza rispetto agli anni precedenti.
Il 27 aprile 1991 Papa Giovanni Paolo II, in Basilicata, visitò Pisticci dove incoronò la statua di Santa Maria la Sanità del Casale, conservata nell'omonima Abbazia.
I CALANCHI di PisticciIl territorio pisticcese (Matera) costituisce il cuore pulsante del territorio natura della Basilicata, con angoli di paradiso, con aree verdi, valloni solitari, pareti e canyons immersi in un paesaggio calanchivo, caratterizzando l’aspro paesaggio della valle del fiume Basento e Cavone, ove la vacanza diventa un emozione da provare in tutte le stagioni ognuna con i suoi colori, i suoi paesaggi e i suoi profumi.
Vieni a scoprire con noi i misteri dei calanchi, maestose architetture naturali.
Il loro aspetto suggestivo deriva da una forma di erosione dinamica, provocate dalle passate deformazioni e favorita dai continui disseccamenti e dilavamenti che agiscono sul terreno argilloso.
venerdì 4 aprile 2014
martedì 1 aprile 2014
mercoledì 5 marzo 2014
Visita Piglio
Notizie in generale
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Chiesa rurale San Rocco
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Chiesa rurale San Rocco
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Piglio è un comune che custodisce storia antica, natura e uno straordinario patrimonio enogastronomico.
Il turista amante della storia e della cultura rimane colpito dall’originale struttura urbanistica del borgo, con la Rocca dei Colonna a dominare l’abitato e le case poste a sostituzione della cinta muraria: mura che racchiudono chiese e palazzi di grande pregio artistico.
Gli appassionati di sport e natura, possono godere di un ambiente incontaminato, di sentieri adatti al trekking e di una pista ciclabile, costruita sul tracciato di un’antica ferrovia, che collega Piglio ai comuni di Paliano, Serrone, Acuto e Fiuggi.
La terra pigliese è anche la terra del Cesanese del Piglio, unico DOCG del Lazio che con continuità ottiene, da anni, riconoscimenti di qualità sia a livello nazionale che internazionale.
Il territorio comunale è abbastanza esteso e comprende una parte significativa degli altipiani di Arcinazzo dove si può godere pienamente della natura e della neve d’inverno. Per questo motivo il suo territorio era meta di passeggiate anche del Papa, oggi Santo.
A poca distanza dalle città di Roma e Napoli, la vicinanza con la città papale di Anagni e al centro termale di Fiuggi; fanno di Piglio un luogo particolarmente appetibile per tutti quegli imprenditori che desiderano investire in attività legate allo sviluppo dei servizi e delle strutture turistiche o riguardanti il settore enogastronomico.
Piglio è ad un ora circa da Roma
Piglio è ad un ora circa da Roma
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